Questo è un pensiero di Don Juan Matus , uno stregone Yaqui che divide
la sua conoscenza (non richiesta) con
Carlos Castaneda e che fa simbolicamente da prefazione al primo libro.
Il concetto predominante di questi incontri è il passare attraverso una simbolica frattura dell’universo,
una sorta di mondo parallelo, una realtà differente ma non diversa dalla nostra,
una realtà separata.
Ho letto tutti i suoi libri anche più volte e onestamente devo ammettere che voglio credere
a quanto ho letto perché è vero che la fantasia non ha limiti,
ma è anche vero che non si può portare avanti un discorso di questo tipo per 30 anni e
abbandonare la vita reale se non si crede in qualcosa di più profondo.
Ho trascritto un pezzo tratto da “Viaggio a Ixtlan”
per dare un’immagine di Don Juan e un senso a questa pagina,
ma per conoscerlo e apprezzarlo bisogna attraversare il ponte ed arrivare nell’altra dimensione,
andare oltre e leggere quanto scritto da Castaneda.
Ho elencato i suoi libri in ordine di uscita e spero di non averne dimenticato qualcuno, nel caso, scrivetemi.
Un’altra cosa, tempo permettendo, cercherò di aggiungere altri concetti fondamentali
tipo il “fare” e il “non-fare”e
altri ancora, in modo da darvi l’opportunità di conoscere,
per chi non lo conoscesse già, questo emblematico personaggio.
A scuola dallo stregone (1968)
Una realtà separata (1971)
Viaggio a Ixtlan (1972)
L’isola del Tonal (1975)
Il secondo anello del potere (1978)
Il dono dell’Aquila (1983)
Il fuoco dal profondo (1985)
Il potere del silenzio (1988)
L’arte di sognare (1993)
La ruota del tempo (1995)
Tensegrità (1997)
Il lato attivo dell’infinito (1998)
Non ho nessuna storia personale, disse, lanciandomi un’occhiata indagatrice.
L’ho abbandonata un giorno quando ho sentito che non era più necessaria.
Lo fissai, cercando di scoprire i significati nascosti delle sue parole.
Come si può abbandonare la propria storia personale? domandai in tono polemico.
Innanzitutto bisogna desiderare di abbandonarla, disse,
e quindi bisogna procedere armoniosamente a tagliarla via, a poco a poco.
Ma perché si dovrebbe avere un simile desiderio? esclamai.
Ero attaccatissimo alla mia storia personale.
I miei legami con la famiglia erano profondi, sentivo onestamente che
senza di essi la mia vita non avrebbe avuto continuità né scopo.
Forse dovreste dirmi cosa intendete per abbandonare la propria storia personale, dissi.
Toglierla di mezzo, è questo che voglio dire, rispose seccamente.
Insistei che probabilmente non avevo capito.
Prendete il vostro caso, per esempio, dissi. Voi siete uno Yaqui.
Questo non lo potete cambiare.
Davvero lo sono? chiese sorridendo. Come lo sai?
E’ vero, non posso saperlo con certezza a questo punto, ma voi lo sapete ed è questo che conta.
E’ questo che lo rende storia personale.
Sentii di aver colpito qualcosa.
Il fatto che io sappia se sono o no uno yaqui non ne fa una storia personale, rispose.
Solo quando lo sa un altro diventa storia personale,
e ti assicuro che nessuno lo saprà mai con certezza.
Tu non sai chi sono io, non è vero?, disse come se mi leggesse nel pensiero.
Non saprai mai chi o cosa sono, perché non ho una storia personale.
Mi chiese se avevo un padre, risposi di si.
Disse che mio padre era un esempio di ciò che lui intendeva.
Tuo padre conosce tutto di te, disse, perciò si è immaginato nulla di te.
Sa quello che sei e ciò che fai,
e non c’è potere sulla terra che possa fargli cambiare la sua opinione di te.
Don Juan disse che tutti quelli che mi conoscevano
avevano un’idea di me,
e che io continuavo ad alimentare tale idea con tutto ciò che facevo.
Non capisci? chiese in tono drammatico.
Tu devi rinnovare la tua storia personale raccontando ai genitori,
parenti, amici tutto ciò che fai.
D’altra parte, se tu non avessi storia personale,
non ci sarebbe bisogno di spiegazioni,
nessuno sarebbe in collera o deluso per i tuoi atti.
E soprattutto nessuno ti inchioderebbe con i suoi pensieri.
A poco a poco devi creare intorno a te una nebbia,
devi cancellare tutto ciò che ti circonda finchè non si possa dare più nulla di scontato,
finchè più nulla è certo o reale.
Ora il tuo problema è che sei troppo reale.
I tuoi sforzi sono troppo reali, i tuoi umori sono troppo reali.
Non dar tanto per scontato le cose. Devi incominciare a cancellare te stesso.
Parti dalle cose semplici, come il non rivelare quello che fai veramente.
Poi devi abbandonare tutti quelli che ti conoscono bene.
Così creerai intorno a te una nebbia.
D’ora in avanti, disse,
devi semplicemente mostrare alla gente solo ciò che ti importa mostrare,
ma senza mai dire esattamente come l’hai fatto.
Vedi, noi abbiamo due sole alternative:
o prendiamo tutto per certo e reale, o no.
Se seguiamo la prima, alla fine siamo annoiati a morte del mondo e di noi stessi.
Se seguiamo la seconda, creiamo intorno a noi una nebbia,
uno stato molto eccitante e misterioso di cui nessuno sa
in che punto salterà fuori il coniglio, nemmeno noi.
Improvvisamente l’idea mi fu chiara nella mente.
Non avere storia personale era davvero un concetto attraente,
per lo meno al livello intellettuale,
ma mi dava un senso di solitudine che trovavo minaccioso e sgradevole
(tratto da Viaggio a Ixtlan 1971)



Epitaph
King Crimson